Sant'Agata, salvatrice di Catania

Gli avvenimenti più importanti che hanno riguardato la città di Catania sono legati a Sant'Agata: eruzioni, terremoti, assedi, malattie, forze terribili e devastanti.

Pubblicato il:

20 aprile 2022

Ultima revisione:

20 aprile 2022

Gli avvenimenti più importanti che hanno riguardato la città di Catania sono legati a sant’Agata: eruzioni, terremoti, assedi, malattie, forze terribili e devastanti, eventi paurosi di fronte ai quali gli uomini si rivelano impotenti. Ma i catanesi, fiduciosi nella promessa scritta sulla tavoletta che l’angelo consegnò alla città, hanno invocato l’aiuto della santa concittadina e hanno ottenuto sempre la sua protezione. Per più di quindici volte, dal 252 al 1886, Catania è stata salvata dalla distruzione della lava. Ed è poi stata preservata nel 535 dagli Ostrogoti, nel 1231 dall’ira di Federico Il, nel 1575 e nel 1743 dalla peste. Ma chi può contare le grazie ricevute in più di diciassette secoli dai catanesi e da quanti in tutto il mondo cristiano si sono affidati a lei?


La liberazione dall'eccidio

Il 25 luglio 1127 i Mori presero d’assedio le coste siciliane. Dove approdavano erano stragi, massacri e rapine. Quando stavano per assalire la costa catanese, gli abitanti della città ricorsero all’intercessione di sant’Agata e la grazia non tardò: Catania fu risparmiata da quel flagello. Un altro episodio ha dimostrato ancora una volta che la città ai piedi dell’Etna ha sempre goduto della vigile protezione di sant’Agata. Nel 1231 Federico li di Svevia era giunto in Sicilia per assoggettarla. Molte città si ammutinarono e Catania fu tra queste. Federico Il furente ne ordinò la distruzione, ma i catanesi ottennero che, prima dell’esecuzione di quello sterminio, in cattedrale venisse celebrata l’ultima messa, alla quale presenziò lo stesso Federico Il. Fu durante quella funzione che il re svevo, sulle pagine del suo breviario, lesse una frase, comparsa miracolosamente, che gli suonò come un pericoloso avvertimento: “ Non offendere la patria di Agata perché ella vendica le ingiurie ”. Immediatamente abbandonò il progetto di distruzione, revocò l’editto e si accontentò soltanto che il popolo passasse sotto due spade incrociate, pendenti da un arco eretto in mezzo alla città. A Federico bastò un atto di sottomissione e lasciò incolumi i cittadini e Catania, salvata per l’intercessione della Madonna delle Grazie e di sant’Agata. La città ricorda questo evento con un bassorilievo di marmo che si trova oggi all’ingresso del Palazzo comunale e raffigura Agata, seduta su un trono come una vera regina, che calpesta il volto barbuto di Federico li di Svevia.


La lava e i terremoti

Nel 1169 un terremoto fece da preludio a una tremenda eruzione. Un fiume di lava, scorrendo per i pendii deIl’Etna e allargandosi per le campagne, distruggeva ogni cosa al suo passale e avanzava inarrestabile verso la città. Ma, come era avvenuto un anno dopo la morte di sant’Agata, una processione col sacro velo bloccò il fiume di lava. Miracoli simili i catanesi li ottennero anche nel 1239, nel 1381, nel 1408, nel 1444, neI 1536, nel 1567 e nel 1635. Ma l’eruzione più disastrosa avvenne nel 1669: una serie di bocche si aprirono lungo i fianchi del vulcano, che eruttò lava e lapilli per sessantotto giorni. La lava distrusse molti centri abitati e giunse fino in città, circondando il fossato del Castello Ursino. Nella sacrestia della cattedrale un affresco, realizzato dieci anni dopo l’eruzione da chi aveva vissuto in prima persona quei tragici momenti, descrive le scene quasi apocalittiche di quella eruzione. Quando il magma era giunto a una distanza di trecento metri dal duomo, miracolosamente scansò i luoghi in cui sant’Agata era stata imprigionata, aveva subito il martirio e dove poi era stata sepolta, per andare a scaricarsi in mare e proseguire per più di tre chilometri. Sembrò chiara la volontà della santa catanese di salvare i luoghi che appartenevano alla sua storia e al suo culto. A quella terribile eruzione è legato anche un altro evento prodigioso: un affresco, che raffigurava sant’Agata in carcere, e che si trovava in un’edicola sulle mura della città, fu trasportato intatto dal fiume di lava per centinaia di metri. Ora quel dipinto si trova sull’altare maggiore della chiesa di Sant’Agata alle Sciare, a Catania. Dono di ringraziamento per aver salvato la città dalla distruzione totale è la grande lampada votiva d’argento che si trova al centro della cappella di sant’Agata nella cattedrale e che Carlo Il di Spagna volle offrire alla patrona della città. Nel 1693 un violento terremoto fece tremare Catania. Ci furono diciottomila morti. Nessuno dei novemila superstiti dopo la catastrofe voleva più ritornare in città. Catania sarebbe diventata una città fantasma se un delegato del vescovo, in processione con le reliquie di sant’Agata, non avesse supplicato il popolo a rimanere e a ricostruire la città. Nel 1886 una bocca eruttiva si era aperta a Nicolosi, un centro abitato alle pendici dell’Etna. Il beato cardinale Dusmet, il 24 maggio, portò in processione il velo di sant’Agata e, benché la processione si fosse fermata in un tratto in discesa, il magma lavico si arrestò immediatamente. In memoria dello straordinario miracolo, in quel punto sorge ora un piccolo altare.


La peste

In più occasioni sant’Agata pose benigna la sua mano sulla città anche a protezione dalle epidemie. Nel 1576, quando la peste cominciò a diffondersi poco lontano da Catania, il senato pensò di ricorrere all’intercessione della patrona. Le reliquie furono porta in processione lungo le vie della città e, una volta giunte accanto agli ospedali dove erano ricoverati gli appestati, essi guarirono e nessuno fu più contagiato. I catanesi ottennero un altro segno di protezione nel 1743, quando una seconda ondata di peste stava per diffondersi da Messina anche a Catania. Il miracolo ci fu anche stavolta: le reliquie furono portate in processione e la peste cessò. In ricordo di questo prodigio fu eretta nella zona del porto, una colonna sormontata da una effigie di sant’Agata che schiaccia la testa di un mostro, simbolo della peste.