Chiesa SS. Trinità

La chiesa della SS. Trinità(1746-1751), alla quale si affianca il monastero, (oggi sede di un liceo scientifico) fu costruita nel sito attuale, e cioè in via V. Emanuele, dopo il terremoto del 1693.

Pubblicato il:

28 aprile 2022

Ultima revisione:

27 ottobre 2022

La Chiesa della SS. Trinità (1746-1751), alla quale si affianca il monastero, (oggi sede di un liceo scientifico) fu costruita nel sito attuale, e cioè in via V. Emanuele, dopo il terremoto del 1693. Il disegno della facciata, concava nella parte centrale, è attribuito a Francesco Battaglia; sul portone d’ingresso, preceduto da una scalinata in pietra lavica, poggiano due figure scolpite con lo sguardo rivolto verso l’occhio luminoso di Dio posto al centro. L’ampia superficie della facciata è mossa dalle colonne e dai tre finestroni che si aprono nel secondo ordine. In alto poggiano due torrette quadrangolari chiuse da cupolette. A causa di una livellazione del piano stradale eseguita nella seconda metà dell’Ottocento, il portale d’ingresso è stato abbassato e la sala centrale è stata raccordata all’atrio con una doppia rampa di scale. Anche l’ingresso laterale, sulla via Quartarone, è stato chiuso perché la strada si trova ad un livello molto più basso di quello della costruzione. L’interno della chiesa ha la forma di una ellisse; l’area presbiteriale è a pianta rettangolare; nell’insieme si è voluto dare all’ambiente un effetto di fusione spaziale. Sopra l’ingresso è l’elegante cantoria dorata e finemente decorata.


Le opere e gli artisti: Sebastiano Conca e Olivio Sozzi

Dentro la chiesa della Trinità sono visibili alcune opere molto interessanti dal punto di vista artistico; al primo altare a destra è il Battesimo di Gesù di Olivio Sozzi, al terzo altare è una grande tela con la Madonna che appare a S. Giovanni Evangelista nell’isola di Patmos; quest’opera è firmata e datata "Il cavaliere Conca fece nel 1756". A sinistra, sul primo e terzo altare: una Crocefissione e La Trinità appare a S. Benedetto (olio su tela firmato e datato 1756) di Olivio Sozzi. Sebastiano Conca (1680-1764) era un pittore laziale che ebbe una straordinaria fortuna in Sicilia. Citti Siracusano (La pittura del Settecento in Sicilia, 1986) scrive: "L’attività di questo pittore, che si potrebbe definire il Ddeus ex machina’ nella vicenda pittorica siciliana, tanto intrigante e persistente è la sua presenza fino agli albori dell’800, è largamente attestata in Sicilia da una serie di pale d’altare, che pur rientrando nella sua più tradizionale e fortunatissima formula, non sempre possono ascriversi fra la sua produzione più raffinata e colta. Ciò è probabilmente da mettere in rapporto con la committenza siciliana più provinciale e non egualmente prestigiosa di quella romana e napoletana". Olivio Sozzi nacque a Catania nel 1690 e morì (forse cadendo da un’impalcatura) nel 1765. Imparò l’arte del disegno a Palermo dove prese per moglie una ricca donna di nome Caterina Cappello (grazie alla dote della moglie poté completare la sua preparazione pittorica). Dopo il 1729 iniziò un soggiorno romano presso la bottega del Conca. A Roma il Sozzi si trattenne per parecchi anni durante i quali assorbì la lezione del classicismo romano ma, soprattutto, si ispirò alla luminosa lezione del Giaquinto con il quale entrò in rapporti di cordiale amicizia. Dopo Roma raggiunse Palermo dove nacque il suo primogenito che farà lo stesso mestiere del padre. Dalla seconda metà del Settecento in poi, fino alla morte, il Sozzi decise di ritornare a Catania, la sua città natale.