Luogo: Teatro Stabile Via Giuseppe Fava n° 35, Catania

Di Claudio Fava e Ezio Abbate

Regia di Livia Gionfrida

Con David Coco e cast in via di definizione

Produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo di Palermo

 

Era una Fiat 126 caricata con 90 chili di tritolo e parcheggiata in via Mariano d’Amelio, a Palermo, l’arma che Cosa Nostra ha scelto per uccidere il giudice Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992.
Ma a chi apparteneva quella Fiat 126? Chi l’aveva rubata sapeva che sarebbe stata trasformata in un’autobomba? Attraverso quali percorsi, coincidenze, deviazioni mancate è arrivata sotto casa della mamma del giudice, facendosi strumento di una delle più crudeli, dolorose – e per certi versi tuttora misteriose – stragi di mafia degli anni ‘90?
Il testo di Claudio Fava indaga stavolta da una prospettiva storica del tutto inedita, minima, addirittura sarcastica, uno degli eventi più importanti della storia italiana dell’ultimo trentennio.
Lo fa disegnando le personalità dei “pesci piccoli” dei clan mafiosi, quelli a cui viene dato il più semplice tra tutti gli incarichi: andare a rubare una macchina. Un anziano ormai navigato che si sente squalificato dal compito, un giovane inesperto che lo accompagna con fare da gradasso, la loro quotidianità per certi versi aberrante, impastata di una fredda e spaventosa consuetudine con la morte, e per altri grottesca, attraversata dall’ignoranza e dall’avventatezza di personaggi improbabili, imprudenti, superstiziosi, si rivela piano piano come l’assurdo terreno su cui si gioca la strategia stragista del biennio ‘92/‘93.
Dal tentativo del giovane ladro di rubare l’auto per la seconda volta, in questo caso per sottrarla all’organizzazione e restituirla alla proprietaria di cui si è nel frattempo innamorato, ha origine un rocambolesco susseguirsi di equivoci e disavventure, che si rivela amaramente insufficiente a disinnescare il disegno mafioso e che alla fine riporta lo spettatore alla storia che ben conosce, con tutta la portata delle sue conseguenze.