I chierici regolari Minoriti vennero a Catania nel 1625 grazie alla protezione del Senato e l’impegno del vescovo Innocenzo Massimo. Nel 1628 si trasferirono nella chiesa di S. Michele in cui eressero una casa che fu demolita nel 1693 insieme alla chiesa che avevano appena cominciato a costruire. Nel 1630 Giambattista Paternò, nobile catanese (che si fece seppellire dentro la chiesa), lasciò in eredità ai religiosi una grossa parte dei suoi beni. La chiesa si adegua alla tipologia basilicale con le tre navate divise da pilastri, il prospetto piano e la cupola che fu iniziata nel 1771 e completata nel 1787. Il prospetto è in bianchissimo calcare che, oggi, dopo la recente ripulitura, contrasta magnificamente con il nero delle strade e dei marciapiedi. Superato il portone d’ingresso si incontra una scala doppia formata da 13 gradini di marmo; dentro la chiesa si possono ammirare due fonti per l’acqua benedetta poggiare su tavoli in marmo, opere eccezionali in cui si fondono straordinaria perizia tecnica e armonia compositiva. Tra le opere d’arte degne di rilievo segnaliamo: una pala d’altare tardosettecentesca con S. Francesco Caracciolo, l’Arcangelo Michele con la figura rivestita da una lamina d’argento sbalzata, un Crocefisso marmoreo (fine Settecento) e una Annunciazione di Guglielmo Borremans. Sul monumento sepolcrale di G. Battista Paternò, con il ritratto del nobile e l’iscrizione, si legge: "A Giovanni Battista, patrizio catanese, di questa chiesa benemerito protettore, i Padri chierici minori testimoniano il loro grato animo". Nel presbiterio è collocato l’organo monumentale decorato da fregi dorati.


Un pittore fiammingo in Sicilia: Guglielmo Borremans

La presenza, nella chiesa dei Minoriti, di un’opera di Guglielmo Borremans, l’Annunciazione, ci consente di aprire una breve parentesi su questo prolifico pittore di origine fiamminga. Egli nacque ad Anversa nel 1672; non si conoscono molte notizie relative alla giovinezza e alle prime esperienze pittoriche, ma ciò che si può sicuramente affermare è che l’artista visse in un ambiente denso di vitalità creativa in cui avevano operato Rubens, Van Dick e Jacob Jordaens. Così come avevano fatto precedentemente i suoi maestri, compì un viaggio in Italia, ritenuta la culla di tutte le più importanti esperienze artistiche. In un primo momento si fermò a Napoli dove conobbe le opere del Giordano e del De Matteis. Tra il 1714 e il 1715, forse per ampliare le possibilità di lavoro, si trasferì a Palermo dove trovò un fertilissimo terreno pronto ad accogliere il suo stile personale frutto della fondamentale formazione fiamminga arricchita dalle recenti esperienze napoletane. La fama del Borremans valicò gli stretti confini palermitani e si diffuse in tutta la Sicilia; le commissioni che giungevano da tutte le parti dell’isola testimoniano la fortuna con cui veniva accolta la sua arte ricca di vivacità compositiva e cromatica.