L’area presbiteriale

L’area presbiteriale della cattedrale di Catania merita una trattazione particolareggiata giustificata dall’importanza delle strutture murarie e delle cappelle laterali. Al termine delle tre navate tre gradini segnano il confine tra la parte settecentesca e quella di età normanna messa in luce dal restauro della fine degli anni Cinquanta del nostro secolo; i solenni profili degli archi a sesto acuto, realizzati in conci di pietra lavica, (liberati dagli stucchi settecenteschi e ottocenteschi che li occultavano) si impongono per il rigore e l’essenzialità delle forme. All’esterno è possibile vedere le tre absidi normanne coronate da una merlatura (in via V. Emanuele 159). All’interno dell’abside centrale è il coro ligneo del Cinquecento; la luce proviene da una monofora normanna chiusa da una vetrata moderna con l’immagine di S. Agata. Nell’abside destra è la cappella di S. Agata con il sacello, preceduto da un portale della fine del Quattrocento, che custodisce le reliquie della santa. Le spoglie sono distribuite in diversi reliquiari tutti realizzati in oro, argento e pietre preziose: il tronco è chiuso nel busto argenteo rivestito da una fittissima maglia di gioielli, catene, collane, medaglioni, ecc., offerti da fedeli e devoti della martire. Altri frammenti del corpo (tra cui una mammella) sono conservati in artistiche teche che vengono portate in giro, durante i giorni delle festa. L’uscita del busto della santa, dalla cappella a lei dedicata, è accolta, all’alba del 4 febbraio, con un’ovazione dalle migliaia di fedeli che si accalcano dentro la chiesa prima di assistere alla messa che precede il giro del fercolo (carro monumentale) lungo le vie della città. L’abside a sinistra dell’altare centrale custodisce il tabernacolo con il SS. Sacramento. Ai lati delle tre absidi normanne sono due artistiche cappelle ricavate all’interno di due torri laterali: quella a sinistra, con scene della passione negli stipiti e una pietà nella lunetta (di G.D. Mazzolo e realizzati nel 1563), è intitolata al Crocifisso e contiene sculture e reliquiari settecenteschi. Quella a destra, anch’essa preceduta da un portale istoriato e da una lunetta con l’incoronazione della Vergine (sempre del Mazzolo, 1545) e negli stipiti con le vicende della vita di Maria, conserva due sarcofagi, uno con le spoglie di alcuni sovrani aragonesi e un altro con i resti di Costanza di Aragona.


L’affresco con l’eruzione del 1669

Nella Sagrestia del Duomo è possibile vedere un affresco di particolare interesse storico-documentario che descrive l’eruzione dell’Etna del 1669. Anche se da un punto di vista artistico l’opera non può essere certamente definita un capolavoro, essa conserva egualmente il fascino di una testimonianza diretta e vissuta da chi ha visto e partecipato ad un evento di così disastrose conseguenze. Quella del 1669 fu una delle più terribili eruzioni che colpirono in modo diretto la città di Catania; essa partì dal cratere apertosi nel territorio di Nicolosi (Monti Rossi) e arrivò in città dove lambì il complesso monumentale dei Benedettini e investì il Castello Ursino che fu isolato dal mare nelle vicinanze del quale era stato edificato per ragioni difensive. A proposito di questa eruzione bisogna ricordare anche il tentativo di deviarne il corso. L’affresco della cattedrale e stato attribuito al pittore acese G. Platania che venne a Catania per seguire gli effetti del disastroso evento.