Il Castello Ursino (è ancora incerta l’origine del nome) si trova al centro della grande piazza dedicata a Federico Il di Svevia. La storia della costruzione è legata al "praepositus edificiorum" Riccardo da Lentini; in tal senso si conosce una lettera (17 novembre 1239) nella quale l’Imperatore chiede notizie in merito alla scelta del luogo dove poter innalzare il castello. In origine l’edificio sorgeva molto vicino al mare ed era circondato da un fossato e da opere difensive molto avanzate. Negli ultimi anni sono state organizzate una serie di esplorazioni che consentiranno di ampliare le conoscenze di tutte le fasi della costruzione. Secondo Augusta G. Manuele (che si è occupata del monumento) il castello venne realizzato in poco tempo per tenere a bada i catanesi ribelli: "Gli scavi di questi ultimi anni - scrive la Manuele - hanno messo in luce una particolare tecnica costruttiva che consiste nella realizzazione di una prima cortina muraria esterna realizzata con conci di pietra lavica squadrati e disposti con regolarità, di una seconda cortina interna dalia fattura meno accurata e dei muri di collegamento delle stesse, sempre di cattiva fattura. La diversità di costruzione trova pertanto una giustificazione nella fretta che aveva Federico di completare l’opera". L’aspetto attuale del castello è profondamente diverso da quello originario; la parte esterna è stata stravolta dalla colata lavica del 1669 che investi alcune zone di Catania e una larga fetta del territorio circostante. li tragico evento è documentato da un affresco che si trova nella sagrestia del Duomo di Catania; nel dipinto si può anche vedere il Castello Ursino con le antiche opere di difesa. Nel 400 il castello fu sede dei reali aragonesi, venne, poi, utilizzato come sede di guarnigioni e di prigione (nel cortile si conservano i graffiti dei prigionieri). Negli anni Trenta di questo secolo l’edificio venne restaurato; a questo periodo risale la costruzione della scala all’interno del cortile e lo scavo dello pseudofossato esterno. Nel cortile interno, quadrato, sono raccolti sarcofagi, colonne, frammenti architettonici e obelischi che provengono dai monumenti di Catania antica. La facciata che si conserva meglio è quella a nord nella quale sono visibili i segni lasciati dalle maestranze ebree, cristiane e arabe che segnavano la fascia di lavoro giornaliero con i simboli della propria fede religiosa. All’esterno, sui lato est, sopra nn finestrone, spicca una stella a cinque punte realizzata in pietra bianca e nera, di significato cabalistico.
Lo spazio occupato dalla settecentesca piazza Duomo costituiva, anche nel passato, il cuore della vita religiosa e politica della città di Catania. Oggi le testimonianze archeologiche giacciono, per sempre, sotto gli edifici barocchi, e i monumenti della città cinquecentesca e seicentesca sono stati interamente inghiottiti dai palazzi nobiliari e dalle chiese. Malgrado ciò alcuni importanti frammenti del passato sono ancora visibili proprio in questa piazza che subì maggiormente i danni del terremoto. La Porta di Carlo V si colloca in una situazione urbana molto suggestiva, e cioè proprio in mezzo alla Pescheria, pittoresco mercato giornaliero della frutta e del pesce; da piazza Alonzo di Benedetto (dietro la fontana dell’Amenano) tramite un grande arco si penetra nella galleria che costituiva l’antico corpo di guardia. Da questa galleria si può raggiungere la Porta di Carlo V (a destra) che conduce nella piazzetta Pardo invasa dalle bancarelle del mercato. Una epigrafe posta sopra la porta ricorda che essa fa parte di un rafforzamento voluto dal viceré Vega nel 1553, per difendersi dalle incursioni dei pirati e dei nemici. Sempre nella piazzetta Alonzo di Benedetto è possibile vedere una fontana molto antica che è sopravvissuta alla distruzione del terremoto, la Fontana dei Sette Canali alimentata dal fiume Amenano. Oggi è inserita in un arcone aperto nel fianco del palazzo del Seminario dei Chierici (che fronteggia il Municipio) e si trova ad un livello del suolo più basso perché è antecedente al terremoto. Un’iscrizione ci fornisce la data di costruzione e cioè il 1612. Oltre la Porta Uzeda (che fu aperta nel 1695 durante la ricostruzione scenografica di piazza Duomo) si possono ammirare alcuni tratti delle mura cinquecentesche. Lungo il percorso delle mura, per l’esattezza inserita nel tratto sotto l’arcivescovado, è un’altra fontana dal forte significato simbolico, la Fonte Lanaria o di S. Agata. Il primo nome deriva dal fatto che la fontana si trovava lungo la via Lanaria (oggi dedicata al cardinale Dusmet) che prendeva il nome dal governatore Francesco Lanario, duca di Carpignano. La dedica a S. Agata è legata, invece, alla tradizione secondo la quale questa fontana segna il punto da dove partirono le reliquie della patrona quando vennero portate a Bisanzio per ordine del generale Giorgio Maniace. Oggi la fontana è meta di pellegrinaggi durante i giorni della festa di S. Agata. Il giorno 4 febbraio, che precede la ricorrenza del martirio di S. Agata, il simulacro della santa percorre l’antico tratto delle mura; tra ali di folla festante ha inizio il cosiddetto "Giro esterno" delle reliquie contenute all’interno di preziosi scrigni racchiusi nel grande fercolo d’argento. Il fercolo attraversa la porta Uzeda e imbocca la via Dusmet dove, all’incrocio con la via Porticello, davanti all’icona della Madonna della Lettera, l’Arcivescovo offre un cero alla patrona.
La lava: dalla distruzione alla costruzione
"Nella ripresa costruttiva dell’età normanna e sveva il materiale lavico risulta nuovamente a vista, talora in sagomature nitidamente delineate talaltra sapientemente composto nella trama muraria, come nei masti di Adrano, Paternò, Morta Sant’Anastasia e nel Castello Ursino dove l’uso della pietra lavica caratterizza anche i rimaneggiamenti successivi o episodi minori, legati all’estro delle maestranze, che con ciottoli lavici inseriti nella malta disegnano simboli religiosi sulle superfici murarie". (Claudia Guastella da La pietra di fuoco, 1994).