Le scosse sismiche del 9 e dell’11 gennaio del 1693 distrussero le fabbriche del monastero ed al sisma sopravvissero solo due monache; quanto rimasto in piedi venne, poi, abbattuto durante la ricostruzione della città. Nel periodo post-terremoto, così come era accaduto per altri monasteri femminili di Catania, al monastero di San Placido venne assegnato un intero isolato della nuova città, il sito era più ampio di quello prima del terremoto e solo in parte si sovrapponeva all’area preesistente.
Oltre 100 anni durarono i lavori di ricostruzione del monastero e furono spese migliaia di onze. A questa ricostruzione parteciparono alcuni fra i protagonisti della rinascita della città: Alonzo Di Benedetto, l’architetto Giuseppe Palazzotto, Francesco Battaglia e Giovan Battista Vaccarini, mentre per il nuovo prospetto della Chiesa, iniziato nel 1768, le monache si affidarono all’architetto Stefano Ittar.
Il convento è costituito da tre elevazioni, due delle quali risultano realizzate in maniera esaustiva, mentre l’ultima è quasi completamente scoperta, costituita dalla semplice parete di prospetto sia per rapportare l’altezza dell’edificio monastico a quello della chiesa sia per “difendere” la clausura delle monache.
All’interno del cortile, sul fondo, si possono notare i resti di Palazzo Platamone risalente al XV secolo. Si può ammirare un profondo archivolto, sormontato da un balcone con parapetto decorato con un motivo a chevron, cioè con fasce bicolori – pietra calcarea e schiuma lavica. L’archivolto è formato da numerose mensole sempre in pietra calcarea legate fra di loro con una serie di piccoli archi ogivali decorati con motivi vari.
Al centro lo stemma della famiglia, dove vi è raffigurato un monte sovrastato da tre conchiglie e a loro volta sormontate da un giglio. Questa loggia costituisce la sola testimonianza che ci resta della città tardo-medievale.