La Chiesa e il Monastero di S. Chiara occupano un intero isolato; il lato più corto è interamente impegnato dalla chiesa che prospetta sulla importante via Garibaldi (un tempo via S. Filippo) dalla quale passava la processione di S. Agata. Il controllo della visuale della processione ha, spesso, condizionato la scelta di soluzioni particolari all’interno di uno stesso schema tipologico; esempi di queste soluzioni sono le due logge belvedere costruite sulle cupole della chiesa di S. Giuliano (in via Crociferi) e in quella di S. Chiara. Da questa loggia era possibile seguire tutto il percorso della santa dal Duomo, in avanti, lungo la via Garibaldi. Il monastero, oggi sede di uffici comunali, è stato costruito nell’area dell’isolato retrostante al coro della chiesa. Il disegno della facciata della chiesa è di S. Palazzotto(metà del Settecento). All’interno, preceduto da una breve gradinata, si può vedere un pannello in legno con raffigurazioni di scene della Bibbia. Sopra l’ingresso è una splendida cantoria dorata con l’immagine di S. Chiara. Gli altari sono cinque: quello dell’Immacolata, quello di S. Lorenzo, l’altare maggiore, riccamente decorato sul quale poggiano le statue di S. Chiara e S. Francesco, l’altare di S. Chiara e quello del SS. Crocefisso con un prezioso reliquiario. Al centro della volta è un grande affresco che rappresenta Il Trionfo delle Clarisse. E un’opera del 1766 dell’artista Olivio Sozzi. Tra le cose più preziose della chiesa è il bellissimo pavimento di marmi policromi.
La vita della monache catanesi
"La vita religiosa di Catania nel Settecento soverchiava, dominava, si sovrapponeva a quella civile ad opera di preti, monache e frati. E giusto parlare, quindi, di questo numeroso esercito - il Sestini lo dice sproporzionato - che si era accampato nel cuore della città all’ombra e sotto la protezione della vecchia cattedrale normanna. Chi getta, infatti, un rapido sguardo alla topografia della risorta Catania si accorge come chiese, monasteri e conventi s’innalzano le une vicino agli altri soffocando quasi le costruzioni civili che risorgevano, ovunque, lentamente. Prima del terremoto del 1693 i monasteri in Catania erano quattordici, dopo, il vescovo Riggio li ridusse a sei: sotto la regola di S. Benedetto quelli titolati a S. Placido, S. Giuliano, SS. Trinità, S. Benedetto e S. Agata, il sesto sotto la regola serafica di S. Francesco si titolava a S. Chiara. Quasi tutte le monache dei sei monasteri appartenevano al patriziato catanese o alla ricca borghesia. Era, allora, abitudine d’ogni famiglia nobile affidare alle religiose l’educazione delle proprie figliuole, le quali rimanevano, poi, nel monastero in cui prendevano il velo, sacrificandosi a favore del primogenito o, in mancanza di questo, della sorella maggiore, unica erede delle ricchezze della famiglia. Però avveniva, talvolta, che qualche figliuola si ribellava, tentando di riacquistare la libertà". (Guglielmo Policastro, Catania nel Settecento, 1950).